Come cambiare vita con la mindfulness: intervista a Nicoletta Cinotti

Si può cambiare vita senza fare grandi rivoluzioni? È la domanda di chi cerca di affrontare con maggiore benessere e serenità il presente, magari dando spazio alle passioni e alle aspirazioni più profonde. Di sicuro la strada del cambiamento non è facile da percorrere: ne abbiamo parlato con Nicoletta Cinotti, psicologa psicoterapeuta, che da anni applica la Mindfulness alla sua vita e al suo lavoro, traendone enormi benefici e un grande beneficio in qualità di vita.

Nicoletta, sei una psicologa che da anni ha abbracciato la Minfulness e l’ha introdotta nel suo lavoro: che benefici ha portato? E nella tua vita privata?

come cambiare la vita

Medito da quando avevo 20 anni. Sono stata una meditante “ribelle” nel senso che, malgrado fossi molto coinvolta con la meditazione attraverso ritiri ed intensivi, trovavo sempre qualcosa che stonava. Per circa 20 anni ho continuato a meditare in una tradizione yogica e a “litigare” con alcuni aspetti della meditazione. Malgrado tutto però non avrei mai pensato di portare la meditazione nel mio lavoro, fino a che non ho incontrato la mindfulness. É stato uno degli incontri più belli della mia vita. Tutti i conflitti e le ambivalenze sono svanite e ho capito che, semplicemente, avevo bisogno di quel tipo di meditazione: silenzioso, essenziale, semplice, radicale. Anche aspetti della mia personalità che non erano cambiati in 20 anni di psicoterapia hanno iniziato a trasformarsi giorno dopo giorno, senza clamore.

L’effetto, nella mia vita privata, é stato contagioso e tutte le persone più intime hanno iniziato a meditare. Non ho fatto nessuna propaganda: é stata la trasformazione che vedevano in me a convincerli.
Portarlo nel lavoro poi é stato inevitabile perché la mindfulness, attraverso i protocolli, offre uno strumento già perfettamente adeguato alle necessità di cura emotiva e psicofisica.

Noi di Destinazione Umana proponiamo stili di vita ispirazionali e crediamo che il viaggio sia un modo per ritrovare la propria ispirazione: da appassionata di escursioni in alta montagna, come credi che il viaggio possa aiutarci a riconnetterci con noi stessi?

Sono un po’ sorpresa da questa domanda perché non credevo che fosse così evidente la mia passione per la montagna! Il viaggio é un invito ad uscire dalla confort zone e questo è un arricchimento inestimabile. Come dice José Saramago “Se non esci da te stesso non puoi sapere chi sei“.

Per me la montagna é un grande maestro di umiltà: per quanto tu possa essere allenato ti costringe a misurarti con i tuoi limiti e la loro imprevedibilità. La prima volta che ho superato i 5000, in Sud America, é stato bellissimo, di una leggerezza e felicità travolgente. La seconda volta, in Tibet, credevo di morire: anzi ho proprio detto “lasciatemi morire qui”. É per questo che, malgrado la montagna sia sempre un viaggio con noi stessi, ci chiede di saper stare in gruppo e di contare democraticamente sulle risorse collettive. Amo la fatica della montagna perché è onesta. Amo gli incontri che fai, in cui ti saluti come se ti conoscessi da sempre, perché essere lì entrambi rende fratelli. Infine la montagna é zen tanto che una delle meditazioni più amate dai partecipanti ai protocolli mindfulness é proprio la meditazione della montagna che ci insegna a stare di fronte a tutte le stagioni della nostra vita.

Quando ho qualcosa che non va cerco una strada in salita: passo dopo passo la mente si svuota dai pensieri inutili e tutto diventa cuore e respiro. E, in fondo, noi siamo questo, prima di tutto: cuore e respiro. Il cuore inizia a battere dall’ottava settimana di gravidanza e produce una pulsazione che segna il ritmo della crescita. Senza quell’inizio la gravidanza non va avanti. Senza quell’unione – simbolica e concreta – di cuore e respiro nemmeno noi andiamo avanti. Così quando mi sento persa cerco di tornare lì, in tanti modi diversi, dalla meditazione all’attività fisica, al punto in cui é iniziato il viaggio della nostra vita.

Pensi che anche la mindfulness possa aiutarci ad essere più ispirati?

Kabat Zinn, l’ideatore del più conosciuto dei protocolli mindfulness, meditante zen dice così “La sfida per ognuno sta nello scoprire chi siamo e nel vivere la vita a nostro modo, seguendo quel richiamo. Possiamo realizzare questo progetto facendo molta attenzione a tutti gli aspetti della vita, così come si dispiegano nel momento presente. E ovviamente nessuno può fare questo per noi così come nessuno può vivere al posto nostro la nostra vita: nessuno, ovviamente, eccetto noi stessi.” E questo è stato quello che ho amato di più della mindfulness come racconto nel mio libro “Destinazione mindfulness”. Perché la Mindfulness è un viaggio che dura tutta la vita verso una destinazione in parte sconosciuta e disattesa: noi stessi.

Crediamo che un elemento fondamentale per essere felici sia fare della propria passione un lavoro, in altre parole, lavorare ispirati: per te cosa significa? E, dalla tua esperienza, come possiamo mettere in moto questo cambiamento?

Per me non c’è distinzione tra la vita e il lavoro: coincidono. Questa è una grande fortuna. Forse lo è un po’ meno per i miei famigliari che devono dividermi con questa ingombrante passione! Penso che la cosa importante sia avere una passione ma, a volte, non  siamo così fortunati da farne un lavoro e questo non dipende solo da noi: dobbiamo fare i conti con le circostanze. Avere una passione però è sempre possibile ed è fondamentale. E per trovare la nostra passione dobbiamo guardare dentro, non fuori. Le immagini esterne possono essere attraenti ma la passione deve avere una radice nel nostro cuore: altrimenti è solo un aspetto narcisistico. Poi se la nostra passione é autentica troverà modi di esprimersi e forse diventerà anche un lavoro. E se non lo diventerà sarà comunque una luce nella nostra vita, una stella polare che orienterà le nostre scelte.

La vera sfida è non farsi abbattere dalle difficoltà: come affrontare i momenti di crisi che possiamo dover affrontare lungo il cammino?

In questo la pratica di mindfulness é un grande aiuto perché ci invita a stare con equanimità di fronte alle alterne vicende della nostra vita, proprio anche con la Meditazione della Montagna. Noi pretenderemmo – come dice Ligabue – di viaggiare sempre e solo in prima classe e invece ci troviamo in tanti momenti a viaggiare a caso, stipati su un autobus in India o in metropolitana a Milano come a New York. Anonimi e strapazzati dalle condizioni. É spesso da quei momenti difficili che nasce la parte migliore di noi. Certamente non vado a cercarmi guai ma sono grata ad ognuna delle difficoltà che ho incontrato perché, molto spesso, mi hanno insegnato più delle situazioni in cui tutto è filato liscio. Sappiamo che prima o poi incontreremo dei problemi: non significa che siamo sbagliati. Significa che siamo esseri umani nel grande gioco della vita e che gioia e dolore si alternano. Nella pratica mindfulness si dice che non possiamo evitare il dolore ma possiamo evitare la sofferenza che è legata alla non accettazione. Se il dolore è un grande maestro, la sofferenza legata al rifiuto può essere una grande catena che ci illude di portarci verso la libertà e invece ci costringe sempre più dentro le maglie del dolore che vorremmo evitare.

Non solo psicoterapia e mindfulness, ma sei appassionata anche di scrittura: vivere ispirati significa quindi riscrivere da zero la nostra vita?

Credo che qualunque passione cerchi una forma espressiva: che sia la passione per una persona o per una attività abbiamo bisogno di esprimerla e questa espressione non è saltuaria. É quotidiana. Cambia continuamente ma non demorde. Testimonia l’intenzione e l’ispirazione ma anche la disciplina perché la passione é fedele.
A volte ci facciamo ingannare dalla parola ispirazione. Non significa fare qualcosa solo se ce la sentiamo. Significa scrivere ogni giorno il “ diario “ della propria passione e, anche, scrivere ogni giorno una pagina nuova. La storia nasce così: riguardando indietro alla strada che abbiamo percorso. Non credo in un destino segnato: credo davvero che ogni giorno possiamo cambiare. Un minimo cambiamento al giorno, fa una grande differenza nel lungo periodo.

Nel concludere vorrei dire che il viaggio della mindfulness é silenzioso: il cambiamento passa dall’accettazione della nostra vita così com’è. Nessuna drammatica rivoluzione: é l’accettazione che ci restituisce le risorse che teniamo impegnate nella lotta. È un senso di rinnovata curiosità e stupore verso tutte le cose – grandi e piccole – della nostra vita quotidiana. Quale viaggio migliore se non quello dove ogni momento è una scoperta?

“Potevo essere me stessa – ma senza stupore,
e ciò vorrebbe dire
qualcuno di totalmente diverso.”

Wislawa Szymborska

 

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